Quello che colpisce subito nel considerare quanto accade in questa commedia noir è che i due protagonisti potrebbero uscire dall’ufficio, scappare da quella situazione, rompere la triangolazione opprimente che si crea con l’anonima guida del viaggio.
Non sono chiusi in un bunker, fuori non c’è la fine del mondo ma, come succede in piece come Victoria Station di Pinter o in film come Taxi Driver di Scorsese o ancora in Taxisti di notte di Jarmusch e altri, il mondo notturno dei taxi diventa una condizione esistenziale, dove rimanere per parlare d’altro: dei sogni e delle paure, come nelle notti di Shakespeare.
Vediamo due esseri umani che, talvolta aiutandosi e talvolta scontrandosi aspramente fino a mettere in pericolo le loro vite, sono costretti da un nemico invisibile a restare in compagnia di tutto ciò che hanno sempre cercato di nascondere anche a loro stessi.
Questo ricorda situazioni di costrizione e convivenze forzate che il pubblico può associare ad eventi personali ad esempio legati alla pandemia o che può più in generale collegare a stati d’animo sicuramente comuni a tutti. Quello che è in gioco è la rivoluzione personale e quello che viene analizzato e scomposto è quell’esatto momento nella vita di ognuno in cui senso di costrizione e volontà di cambiamento si toccano.
La regola aurea che emerge portando grande speranza alla narrazione è quella dell’integrazione delle parti: per procedere verso un futuro luminoso dobbiamo fare pace con le parti che non vogliamo vedere e smettere di lottare contro forze nascoste trovando un nostro senso a ciò che accade.
L’onirico, il grottesco e l’ironia del testo diventano i mezzi con cui questo spettacolo si apre la strada nella coscienza di chi guarda facendo sorridere e ridere il pubblico oltre che metterlo in condizione di provare una grande simpatia per i personaggi e per i loro drammi.